seguimi

Uno spazio aperto al confronto delle idee.

giovedì 8 settembre 2016

Ricchi e poveri nell'equità sociale?

Due o tre soldi in più sono una ricchezza per il povero, e non si può rifiutare. Ma a pensarci bene il concetto di povertà è slegato dal principio di equità sociale!
Quando la politica tratta il “piano anti-povertà” viene subito da chiedersi perché si è creata, e continua a mantenersi, la condizione di grave disuguaglianza sociale che l’Italia soffre. Non solo l'Italia.
Quando poi chi ne parla dai salotti televisivi lo fa dall’alto di un proprio stipendio e di pensioni e di privilegi che grazie al potere politico si è concesso in nome e per conto dei cittadini anche quelli cosiddetti poveri, sembra di assistere ad un paradosso. 
Specie poi quando, scattato il piano di “Sostegno per l’inclusione attiva”, si prescrive che chi vuole essere sostenuto debba presentare la “domanda” al proprio Comune. Pur essendo il Comune già a conoscenza dei redditi dei propri cittadini. E se non lo fosse il Comune lo sarebbe lo Stato attraverso i dati del proprio sistema fiscale.
Ma si riesce ad immaginare che gente lontana dal modo amministrativo e burocratico, poi lontanissima dalle tecnologie, formuli domande per ottenere…cosa??? Già quei due preziosissimi soldi in più.
Un milione di famiglie indigenti coinvolte dall’annunciato “cantiere sociale” che dovrebbe aumentare di qualche soldo il capitale sociale nella prossima legge di stabilità 2017, sono un numero esorbitante ma se si legge il report della Caritas sulle condizioni economiche, quel numero non contiene tutti.
Madre Teresa di Calcutta ha raccontato “Credo che nessuno di noi conosca la fame, ma un giorno me la insegnò una bambina. La trovai per strada, mi accorsi che aveva fame e le diedi un pezzo di pane, ma lei ne mangiava una briciola per volta. Io le dissi di mangiarlo serenamente, ma lei mi rispose: ‘ho paura, perché quando finirà io avrò di nuovo fame.”
La politica del governo racconta ” …provvederemo ad una misura di equità sulle pensioni minime e metteremo nuove risorse sul contrasto alla povertà.” Equità solo sulle pensioni minime!
Vorrei leggere piuttosto “…..provvederemo ad una misura di equità sulle pensioni e sui diritti acquisiti e a misure di contrasto alla disuguaglianza sociale”. Ma sarebbe troppo?
Con ciò non si pretende certo di “aggiustare” le diverse condizioni che tante persone vivono non potendo accedere a beni e servizi di  fondamentale priorità, ma proprio di riscrivere il sistema e il pensiero della società perché il pauperismo, quella miseria che coinvolge masse di popolazione, non è solo intollerabile sotto il profilo umano quanto anche danneggia il valore del rispetto e della  solidarietà trasformandola  in un principio di elemosina. Grave lesione alla dignità di ciascuno.
Ecco, se la politica non riscrive il sistema, se i piccoli aumenti di capitale sociale vengono assorbiti da aumenti delle spese, allora quando finirà la mollica del pane non sarà cambiato nulla.

L’equità sociale è un’altra storia!

mercoledì 7 settembre 2016

Ma i soldi dove stanno?

Come cambiano i punti di riferimento dell’economia mondiale! Una volta si pensava all’America come terra d’oro e si facevano carte false pur di emigrare nel continente che tirava l’economia mondiale. Poi l’Europa partorì un sogno economico mai decollato. Poi? Capitan debito azzerò il sogno di ricchezza dei tanti, mise in pausa il Pil, rallentò la crescita e ieri la comunicazione dell’ISM, considerato un sondaggio plausibile dato il campione molto esteso, ha raccontato che  l’industria dei servizi anche negli Stati Uniti ha toccato il tasso più basso dal 2010.
Cos’è l’ISM?
E’ l’Institute of Supply Management che calcola per gli Usa l’andamento aziendale attraverso indici di riferimento mensili. E così anche il sogno americano ha i suoi limiti! Ma l'economia non sta bene? I sondaggi di J. Morgan, che si serve di informazioni richieste a 7500 direttori di vendita di 26 Paesi che coprono circa l'80% del Pil mondiale, non sono confortanti come non lo sono gli indici che in Europa vengono calcolati dalla Ntc Research, come anche dagli Indici Ifo,  Zew,  Isae, Business climate indicator, Tankan.
Sondaggi che riuscirebbero a prevedere le crisi mentre ci raccontano come sta andando. E se si legge che si migliora occorre essere prudenti nell’interpretare un dato che potrebbe essere migliorato solo nel quadro del peggioramento registrato precedentemente!
Certo, i numeri non servono se non si utilizzano per porre rimedi e non è un conforto leggere che l’ex segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, già nel 2013 prevedeva una stagnazione secolare dell’economia mondiale.
Ma da cosa può dipendere?
Sul Sole24ore si fa una disamina dei fattori condizionanti, distinguendoli in congiunturali e strutturali, cioè fattori momentanei e permanenti.
Non vi è dubbio che la politica fiscale è responsabile: maggiore tassazione e minori spese di investimento non sono certo una prospettiva di miglioramento se si considera che sono diminuiti sensibilmente gli indici del commercio mondiale e questo per quella reazione a catena che può immaginarsi: la restrizione bancaria e le incertezze della politica non inducono le aziende ad investire, gli stipendi bassi non alimentano i consumi delle famiglie, insomma c’è davvero poco da inventarsi se lo stato delle cose è “contro” la crescita.
A questo si aggiunga l’aumento del debito pubblico e dell’invecchiamento delle popolazioni in contesti che registrano enormi diseguaglianze sociali e culturali. Insomma non si consuma e dunque non può prodursi e nel contempo necessitano spese sanitarie e previdenziali.
Pensa che l’Italia è uno dei tre paesi al mondo qualificati come super-vecchi con Giappone e Germania! Ma nel 2020 anche Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia e Portogallo riscontreranno lo stesso problema.
Adesso immagina che la popolazione in condizione di lavoro scenderà sensibilmente e quelli che lavorano saranno precari e mal pagati.
Ritorna anche lo spettro della minaccia tecnologica che sostituirà i posti di lavoro ma questo anche perché si investe poco in cultura e ricerca, in formazione specializzata producendo demotivazione e disoccupazione.
E a che punto siamo con l’investimento in infrastrutture? Leggo che necessita un impegno comune, ma….per quanto da anni al G20 si richieda unione di intenti tra gli Stati per ricominciare ad aprire prospettive tra pubblico e privato, se si chiede da anni vuol dire che ancora non ci sono le basi per ricominciare insieme.
Ed allora resta da capire se ci si vuole coordinare o si sta attendendo qualche altra furbizia economica…..

Intanto la gente soffre in quella unica vita che è data e la ....salvezza si allontana!