Come cambiano i punti di riferimento
dell’economia mondiale! Una volta si pensava all’America
come terra d’oro e si facevano carte
false pur di emigrare nel continente che tirava l’economia mondiale. Poi
l’Europa partorì un sogno economico mai decollato. Poi? Capitan debito azzerò il sogno di ricchezza dei tanti, mise in pausa il Pil, rallentò la crescita e ieri la comunicazione dell’ISM,
considerato un sondaggio plausibile dato il campione molto esteso, ha
raccontato che l’industria dei servizi anche negli Stati Uniti ha toccato il tasso più basso dal 2010.
Cos’è l’ISM?
E’
l’Institute of Supply Management che calcola per gli Usa l’andamento aziendale
attraverso indici di riferimento mensili. E così anche il sogno americano ha i suoi limiti! Ma l'economia non sta bene? I sondaggi di J. Morgan, che si serve di informazioni
richieste a 7500 direttori di vendita di 26 Paesi che coprono circa l'80% del
Pil mondiale, non sono confortanti come non lo sono gli indici che in Europa vengono calcolati dalla Ntc Research, come anche dagli Indici
Ifo, Zew, Isae, Business climate indicator, Tankan.
Sondaggi che riuscirebbero a prevedere le crisi mentre ci raccontano come sta andando. E se si legge che si migliora occorre
essere prudenti nell’interpretare un dato che potrebbe essere migliorato solo
nel quadro del peggioramento registrato precedentemente!
Certo, i numeri non servono se
non si utilizzano per porre rimedi e non è un conforto leggere che l’ex
segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, già nel 2013 prevedeva una stagnazione secolare dell’economia
mondiale.
Ma da cosa può dipendere?
Sul Sole24ore si fa una disamina
dei fattori condizionanti, distinguendoli in congiunturali e strutturali, cioè fattori momentanei e permanenti.
Non vi è dubbio che la politica
fiscale è responsabile: maggiore tassazione e minori spese di investimento non
sono certo una prospettiva di miglioramento se si considera che sono diminuiti
sensibilmente gli indici del commercio mondiale e questo per quella reazione a
catena che può immaginarsi: la restrizione bancaria e le incertezze della
politica non inducono le aziende ad investire, gli stipendi bassi non
alimentano i consumi delle famiglie, insomma c’è davvero poco da inventarsi se
lo stato delle cose è “contro” la crescita.
A questo si aggiunga l’aumento
del debito pubblico e dell’invecchiamento delle popolazioni in contesti che
registrano enormi diseguaglianze sociali e culturali. Insomma non si consuma e
dunque non può prodursi e nel contempo necessitano spese sanitarie e previdenziali.
Pensa che l’Italia è uno dei tre
paesi al mondo qualificati come super-vecchi con Giappone e Germania! Ma nel
2020 anche Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia e
Portogallo riscontreranno lo stesso problema.
Adesso immagina che la popolazione
in condizione di lavoro scenderà sensibilmente e quelli che lavorano saranno
precari e mal pagati.
Ritorna anche lo spettro della
minaccia tecnologica che sostituirà i posti di lavoro ma questo anche perché si
investe poco in cultura e ricerca, in formazione specializzata producendo
demotivazione e disoccupazione.
E a che punto siamo con l’investimento
in infrastrutture? Leggo che necessita un impegno comune, ma….per quanto da
anni al G20 si richieda unione di intenti tra gli Stati per ricominciare ad
aprire prospettive tra pubblico e privato, se si chiede da anni vuol dire che
ancora non ci sono le basi per ricominciare insieme.
Ed allora resta da capire se ci si vuole coordinare o
si sta attendendo qualche altra furbizia economica…..
Intanto la gente soffre in quella unica vita che è
data e la ....salvezza si allontana!
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