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mercoledì 7 settembre 2016

Ma i soldi dove stanno?

Come cambiano i punti di riferimento dell’economia mondiale! Una volta si pensava all’America come terra d’oro e si facevano carte false pur di emigrare nel continente che tirava l’economia mondiale. Poi l’Europa partorì un sogno economico mai decollato. Poi? Capitan debito azzerò il sogno di ricchezza dei tanti, mise in pausa il Pil, rallentò la crescita e ieri la comunicazione dell’ISM, considerato un sondaggio plausibile dato il campione molto esteso, ha raccontato che  l’industria dei servizi anche negli Stati Uniti ha toccato il tasso più basso dal 2010.
Cos’è l’ISM?
E’ l’Institute of Supply Management che calcola per gli Usa l’andamento aziendale attraverso indici di riferimento mensili. E così anche il sogno americano ha i suoi limiti! Ma l'economia non sta bene? I sondaggi di J. Morgan, che si serve di informazioni richieste a 7500 direttori di vendita di 26 Paesi che coprono circa l'80% del Pil mondiale, non sono confortanti come non lo sono gli indici che in Europa vengono calcolati dalla Ntc Research, come anche dagli Indici Ifo,  Zew,  Isae, Business climate indicator, Tankan.
Sondaggi che riuscirebbero a prevedere le crisi mentre ci raccontano come sta andando. E se si legge che si migliora occorre essere prudenti nell’interpretare un dato che potrebbe essere migliorato solo nel quadro del peggioramento registrato precedentemente!
Certo, i numeri non servono se non si utilizzano per porre rimedi e non è un conforto leggere che l’ex segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, già nel 2013 prevedeva una stagnazione secolare dell’economia mondiale.
Ma da cosa può dipendere?
Sul Sole24ore si fa una disamina dei fattori condizionanti, distinguendoli in congiunturali e strutturali, cioè fattori momentanei e permanenti.
Non vi è dubbio che la politica fiscale è responsabile: maggiore tassazione e minori spese di investimento non sono certo una prospettiva di miglioramento se si considera che sono diminuiti sensibilmente gli indici del commercio mondiale e questo per quella reazione a catena che può immaginarsi: la restrizione bancaria e le incertezze della politica non inducono le aziende ad investire, gli stipendi bassi non alimentano i consumi delle famiglie, insomma c’è davvero poco da inventarsi se lo stato delle cose è “contro” la crescita.
A questo si aggiunga l’aumento del debito pubblico e dell’invecchiamento delle popolazioni in contesti che registrano enormi diseguaglianze sociali e culturali. Insomma non si consuma e dunque non può prodursi e nel contempo necessitano spese sanitarie e previdenziali.
Pensa che l’Italia è uno dei tre paesi al mondo qualificati come super-vecchi con Giappone e Germania! Ma nel 2020 anche Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia e Portogallo riscontreranno lo stesso problema.
Adesso immagina che la popolazione in condizione di lavoro scenderà sensibilmente e quelli che lavorano saranno precari e mal pagati.
Ritorna anche lo spettro della minaccia tecnologica che sostituirà i posti di lavoro ma questo anche perché si investe poco in cultura e ricerca, in formazione specializzata producendo demotivazione e disoccupazione.
E a che punto siamo con l’investimento in infrastrutture? Leggo che necessita un impegno comune, ma….per quanto da anni al G20 si richieda unione di intenti tra gli Stati per ricominciare ad aprire prospettive tra pubblico e privato, se si chiede da anni vuol dire che ancora non ci sono le basi per ricominciare insieme.
Ed allora resta da capire se ci si vuole coordinare o si sta attendendo qualche altra furbizia economica…..

Intanto la gente soffre in quella unica vita che è data e la ....salvezza si allontana!

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