Ormai bando alle invettive, il referendum s'è fatto.
Già, ma adesso chi ha personalizzato il voto anzichè contestualizzarlo comincia a temere che in effetti Renzi, da solo con il suo 40% ed il suo discorso ricco di tanto, potrebbe essere più forte del resto dei partiti politici, insieme Movimento 5 stelle, Forza Italia, Lega, e quella parte rivendicativa del PD, che ha vinto con il 60%!
Si stanno contando i resti compreso il PD con la sua alternativa di chi è risorto ed i sostenitori della conservazione del partito.
La prospettiva del proporzionale e di coalizioni che possano mettere insieme M5S, Salvini, Verdini e Berlusconi, perfino il Pd, rinverdisce l'ipotesi di governi, i tanti. Si chiamano "condivisione", " partecipazione" o alternanza i 70 governi circa che abbiamo vantato negli ultimi 64/65 anni?
E mentre gridiamo di volere la stabilità politica dobbiamo fare i conti con le memorie corte, con il voto che richiama il vecchio caro usato, le antiche certezze ed il gioco delle poltrone. Eppure lo spauracchio attuale è proprio il cambiamento che si pretende sia perfetto tutto e subito, e di perfetto credo proprio non ci sia nulla in un processo, piuttosto di perfettibile.
Fatta la legge di stabilità,si fa per dire, entro Natale, questo governo trasloca. Poi?
Un altro, che condivida la legge elettorale mentre il temuto M.5stelle griderà che tale legge è contro di loro? Qui il popolo assiste alla routine: la centrifuga delle parole che lo richiamano, ne richiamano il suo bene. Intanto con il proporzionale non è che cambi molto. E poi il voto.
Chi crede veramente che entro la primavera possa essere proposta una riforma migliore per il popolo che metta insieme tutti i partiti?
Chi crede che possa essere prevedibile un sistema di governo che possa evidenziare responsabilità precise senza il ping pong del ributtare su altri ciò che non viene approvato?
La chiamiamo democrazia e ci rassicura insieme ai discorsi su discorsi ed alle responsabilità di altri, ed il tempo passa nella immutabilità delle cose.
Eppure per dare senso alle responsabilità di governo ed alle scelte degli italiani, il popolo dovrebbe potere scegliere: un governo per cinque anni e se non va bene un altro per il successivo periodo. La democrazia competitiva è senz'altro migliore.
Ma in verità abbiamo paura di una repubblica presidenziale. La chiameremmo dittatura!
Preferiamo andare a votare liberamente quelli che i partiti scelgono per il nostro bene in un sistema che scelgono liberamente per governare il paese. Ne abbiamo fulgidi esempi....e l'ultima volta alle urne gli italiani hanno confermato Berlusconi...Può darsi che confondo il campionato elettorale con un campionato di calcio....
Sarà che manca proprio un programma politico, perché da anni siamo ultimi per crescita.
Ma che dico! Stiamo sereni!
martedì 6 dicembre 2016
sabato 3 dicembre 2016
Se provo a ragionare su un voto.....
Mi
hanno chiamato ad esprimere un voto. Occorre pensare bene per navigare nella
vita sociale e politica. Eppure l’ascolto dei continui intensi interventi di
quanti sostengono il si o il no, suggerendo paure inconsulte e freddezze della
logica politica, visioni conservatrici e
cannocchiali del futuro, fa sembrare il navigatore addirittura
taroccato!
Tanto
accade, in politica e nella vita, quando si tratta di lasciare il vecchio a cui si è abituati per un nuovo in cui ogni possibile pre-visione sembra buona
o cattiva, ed è decisamente facile farsi fuorviare.
D’altro canto l'iter parlamentare della riforma,
stante la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione, dopo che alla
doppia lettura tra Camera e Senato non si è ottenuta la maggioranza dei due terzi
in Parlamento, prevede il referendum popolare!
Ed allora il cittadino deve pensare al di là della
simpatia o della anti-patia sull’attuale governo. Mi chiedo cosa avremmo detto
con il governo Berlusconi, o Letta, o Monti, o….
Non
mi piacciono i no per una riforma perché siano no contro un governo. Non è così che funziona! Ricordo quante volte si è gridato di
cambiare. Il no al cambiamento non potrebbe essere una incoerenza? Insomma
perché dovrei ritenere che qualcun altro potrebbe fare meglio tutto e subito,
dopo 40 anni di ritardi e fermi?
Occorre
non lasciarsi prendere dalle solite invettive. Provo a mettere un poco di
ordine a modo mio per capire cosa si dice.
di Camera
Sento trattare di difesa di democrazia e di condivisione, ma questa
democrazia consociativa, spesso definita inciucio,
non è un limite molto grave alla individuazione di responsabilità? Non per nulla abbiamo avuto trasformismi
incredibili e governi tecnici. Lo si è sempre detto!
Se una sola Camera legifera, ed in molti paesi è così, perché dovremmo
preoccuparci di limitare la democrazia? Se poi diventa più funzionale, pure con
i limiti dovuti, prospettare continui
contenziosi tra Camera e il nuovo senato, condensi da parte degli stessi
politici proprio un giudizio negativo che esprimono su se stessi! Si vedono
pronti ad obiettare continuamente su norme che riguardano i territori invece
che operare per facilitare il “buon governo” della cosa pubblica non creando
condizioni di ingovernabilità?
Oggi è così nonostante i regolamenti parlamentari? Allora meglio
riconoscere le responsabilità da addebitare ad una sola Camera o ai singoli
rappresentanti politici!
Che se ne possa individuare con maggiore certezza il comportamento,
facilita le scelte: ove non dovesse essere una maggioranza utile agli interessi
del cittadino, beh, si può cambiare. Il voto non è soppresso e se il cittadino
conserva le sue memorie, a ben poco potrebbe servire ai deputati non sfiduciare
il governo per “resistere” sulle proprie poltrone! Ce lo ricorderemmo!
SENATO.
L’attuale
composizione del senato non mi sembra assolutamente condizionante la
democrazia. La Francia, come altri paesi, ha una sola camera e non è certo un
paese autoritario!
Inoltre
ricordo che si è sempre lamentata una grande distanza tra i senatori, gli
interessi della politica e i territori. Dunque che il nuovo senato (si potrebbe
chiamare anche diversamente) abbia rappresentanti del territorio che sono stati
comunque eletti dal cittadino tant’è che presiedono Comuni o Consigli
regionali, non è poi così sbagliato. E in quanto ad immunità mi pare che la modifica dell’art. 68, del
1993, debba valere anche per i nuovi senatori.
Sul “valore”
di quanti siederanno nel nuovo consesso occorre rimandare a chi, nel proprio
territorio, li ha scelti ma se sono validi in Comuni e regioni, perché non
dovrebbero esserlo altrove? Sono stati votati!
Il nuovo Senato,
inserendosi nei temi legislativi che riguardano gli interessi dei territori,
sia pure con emendamenti non vincolanti,
potrebbe animare il confronto ed
esprimere il senso di “partecipazione” e “condivisione” che oggi non è facile.
O non c’è.
Penso, ad
esempio, alle differenze che si sono create con le “competenze concorrenti” che
hanno consentito diversità tra le regioni nella erogazione dei servizi o nella
loro pianificazione, specie per quanto riguarda la sanità.
No, non
credo che i cittadini che pagano le tasse debbano avere risposte diverse, ed il
nuovo senato potrebbe piuttosto trovare una linea comune per mediare i divari,
spesso insostenibili, derivanti dagli
statuti speciali. E poi, quali sono oggi le condizioni se, nonostante un obbligo di legge che è il pareggio del
bilancio, il sistema attuale crea
divisioni e disparità?
Certo, chi
ama dividere i territori non sarà d’accordo. Ma non si dividono i cittadini!
Trovo che
sarà più facile per il cittadino giudicare i comportamenti amministrativi e
politici del nuovo consesso ed una democrazia “competitiva” è sempre più responsabilizzante!di
nel nuovo consensnel
Una riflessione va fatta pure sulle Province: prima si chiudono con buona
condivisione di tutti perché ritenute un doppione ed ora perché si dovrebbe
piangere sul fatto che se ne rimarca la soppressione?
Costi
Ho sempre pensato che “ogni ficateddu di musca è sostanza” e se con
la soppressione di stipendi, pensioni ed indennità dei senatori si può
risparmiare, ben venga! Quante volte lo abbiamo gridato? I sindaci ed i consiglieri regionali
che venissero eletti nel nuovo senato
non avrebbero l'attuale indennità da senatori oltre il compenso da
sindaco o consigliere. Quindi la forbice del risparmio è tra lo 0,02 e lo 0,06
della spesa pubblica e non mi pare poi così inconsistente. Sarebbero circa 830 miliardi da potere
reinvestire su imprenditorialità ed occupazione.
A mio parere rimane il limite riguardo agli stipendi dei dipendenti dei gruppi
parlamentari che per la verità non dovrebbero esserci. Se dovesse occorrere mi
piacerebbe che i dipendenti dei gruppi parlamentari, se nece4ssari, fossero
individuati per concorso pubblico e non per piacere e fiducia dei singoli!
Continuo a
rammaricarmi del fatto che i politici
sentenziano che i risparmi si dovrebbero fare ogni giorno per essere efficaci.
Mi dispiace perché, dal momento che quando dovrebbero risparmiare sui loro
privilegi e si deve legiferare sui costi non sembra esserci una simile
direzione, ci trovo dentro una certa
retorica che mi fa sentire presa in giro!
TEMPI
Un aspetto che mi sembra non
sottovalutabile è il riconoscere che occorre darsi delle scadenze nel
legiferare. Non dimentichiamo che si attendono tempi biblici o anche l’eternità
per avere leggi. Che siano sempre più definibili dalla Camera è un valore che
non trovo autoritario, piuttosto trovo responsabilizzante!
GOVERNABILITÀ
Trovo che responsabilizzare chi
legifera sia un valore, almeno per evitare che leggi approvate siano poi
vanificate da incostituzionalità.
Ed il valore di costituzionalità non è sempre garantito! L’attuale
sistema ha atteso molto, troppo tempo per esprimersi, per esempio, sulla legge elettorale, dando il via ad ogni
legittimo sospetto che chi siede attualmete in Parlamento potrebbe non doverci
essere. Eppure non c’è stata alcuna dimissione degli attuali parlamentari, la Consulta ha solo congelato i
ricorsi sull’incostituzionalità della legge elettorale, non esprimendosi sulla loro ammissibilità, ed
è un bel dire su retroattività o meno!
Anche
l’elezione del Presidente della Repubblica è legata alla governabilità. Se in
Parlamento non si garantisce una rappresentatività politica di maggioranza
finisce che si assiste a diverse sedute solo per arrivare ad abbattere il
quorum della maggioranza assoluta. Strategie che di certo non offrono la misura
della stabilità.
Ma se
responsabilizzare la parte politica di maggioranza, per competere, serve a dire
al cittadino chi fa che cosa, perché dovrei preoccuparmi se, al settimo
scrutinio che segue il disaccordo sul candidato, può essere la maggioranza a dettare la
scelta?
Ma fino ad
ora si è assistito al massimo accordo?
Ecco, credo
di avere toccato i punti salienti ma fino a domani c’è ancora tempo per
confrontarmi. Quello che voglio è decidere senza acrimonie!
Tu che ne pensi?
giovedì 1 dicembre 2016
Tra i fuochi della controversia.
Scriveva Alexander
Pope:
“Chi è impegnato in una controversia si preoccupa della verità
quanto il cacciatore si preoccupa della lepre. “. Ma quali verità in questo contrasto
di opinioni che sta animando la politica italiana sul referendum?
Dai molti interventi a
difesa del bicameralismo, per dirne una, non si capisce perché solo le due
camere dovrebbero garantire la democrazia. Eppure la democrazia si regge in
Francia, come in altre nazioni, con una sola camera!
C’è anche chi preme
sulla caduta di questo governo, comunque vadano i mercati, perché quella è la
speranza di ritornare ad occupare spazi impediti in questo momento.
C’è chi sostiene che una
riforma costituzionale deve passare dal possibile consenso di tutte le forze
politiche, ma quali possibilità ancora se a discutere sono trascorsi
quasi 40 degli ultimi anni di governi vari?
La condivisione nei
processi di cambiamento è un valore purché il cambiamento siano un valore per
quanti governano.
Francamente penso che si
stia assistendo ad una serie di confusioni ideologiche, magari dettate da
resistenza al cambiamento e paure storiche, ma anche a tentativi di generare
confusioni magari dettate da difesa di strutture e paludi nelle quali ciascuno
si possa candidare al lancio di zattere di salvataggio con buona pace del
“diritto di voto” così tanto sostenuto a baluardo della democrazia.
Sono tante le belle
teorie che però si scontrano con le pratiche che i cittadini vivono
quotidianamente quando uno si chiede come mai, con tutto il diritto di voto che
si ha, i cittadini si impoveriscono sempre di più per pagare i conti di quanti
vantano diritti acquisiti, come mai i cittadini votano per eliminare il
finanziamento ai partiti ed il finanziamento ai partiti rimane cambiando
denominazione, come mai si pagano sempre più tasse per ottenere sempre migliori
servizi ed i servizi si tagliano perché costano per continuare a compensare
partecipate, consigli di amministrazione ed Enti che tali servizi dovrebbero
garantire come dovrebbero tutelare imprenditorialità e lavoro.
C’è poi un altro modo
indiretto di trattare le opinioni sulla riforma, quello che passa dagli
scontenti e ne approfitta, confondendo temi che con lo specifico della riforma
c’entrano ben poco.
Quanti hanno letto il
testo da riformare e riformato?
Non c’è molto da ridire,
già parole e riflessioni si accavallano.
Ciò che va difeso è il
diritto di decidere di cambiare ed anche modificare via via quanto nella
pratica non consente tempi e risultati che al cittadino
spettano.
La storia politica
insegna che non si realizza tutto e subito, ma almeno i pro-cessi possono
iniziare attraverso la ri-sistemazione dei tasselli che servono. Quando mai un
processo è stato subito perfetto piuttosto che perfettibile?
Il problema nasce da come l’uomo applica le regole e da quanto sia necessario che il sistema diventi sempre più responsabilizzante.
venerdì 18 novembre 2016
Qui si fa l'Italia o......
L’italia, dentro gli attuali
scenari, non può permettersi di impaludarsi
in discorsi teorici né di inseguire guerre di poteri.
Gli americani lo hanno compreso, con tutti i rischi del caso. Dobbiamo ammetterlo.
Se una messaggio arriva dalla elezione di Trump in una potenza grande
ma appannata dal diffondersi di economie dei continenti orientali, è
quello dell’insorgere contro l’appiattimento delle politiche storiche e il
cercare soluzioni sperando che siano efficaci.
Non si può più resistere ancorati
a vecchie sicurezze, c’è un mondo che cambia, cambiano i mercati, l’Europa
zoppica in regole non funzionali se non ad interessi che certo non sono
popolari.
Questa anziana
signora europea non ha tenuto conto del fatto che molti vincoli senza un
riscontro politico economico chiaro e troppo legato a partiti e scadenze, tecnicismi
ed inutilità, alla lunga non avrebbe pagato.
Eppure la brexit
era stata un segnale come un segnale il perdurare della crisi e, adesso, le impreviste
politiche di Trump e quei prossimi appuntamenti del 2017 con le elezioni politiche in paesi come la Francia, l’ Olanda
ed una Germania in cui la Cancelliera
Merkel dovrà fare i conti tra investimenti urgenti, riforme strutturali tardive
e responsabilità fiscali.
Stessi conti
in Italia. Senza gli investimenti, che consentano di ampliare la domanda
interna, non ci sarà crescita ed occupazione, ma senza freni alle migrazioni,
anche con politiche estere che spingano quei paesi di svilupparsi, si manterrà
disordine e squilibrio, così come senza uscire dai moduli standardizzati
dettati dalle logiche dell’eurozona non potranno promuoversi le innovazioni che
permettono di decollare.
Io credo che
l’ Italia, spintonata da esigenze di stabilità e superamento delle non
conformità che la accomunano a Spagna,
Francia e Portogallo, stia giocando una partita difficile. Ma non può stare
ferma in ruoli vecchi e desueti.
Sarebbe un
errore resistere imbrigliata in tecnicismi, ingessata in visioni legate ai
partiti che per anni hanno voluto incastonarsi in proprie sicurezze.
E’ vero, per
cambiare occorre coraggio, quello che ti tolgono quando ti fanno intravedere
rischi e pene, ma quali altri rischi e pene oltre a quelli attuali di cui ci
lamentiamo tanto, dunque sentiti, dovrebbero frenare soluzioni possibili ?
D’altronde
ad ascoltare le variegate cantilene dai salotti politici televisivi che non
dicono nulla di più, la scelta oggi è: restare sordi e ciechi, rassegnati chissà ancora per
quanto tempo, o (perché no?) provare intanto nuove strade ed asfaltarle lì dove
servirà rimuovere le parti dissestate?
mercoledì 16 novembre 2016
Ci siamo tutti!
mercoledì 2 novembre 2016
Oggi la morte ricorda la vita in ogni suo petalo.
Nel giorno del ricordo che intreccia ieri e domani è bello credere che, tra
i pensieri che spesso si comunicano da questo spazio, a ciascuno dei nostri
defunti si possa donare un crisantemo, sia pure virtualmente, ed eccolo.
Mi sono chiesta perché usiamo il crisantemo associandolo alla morte.
Ritengo che l’unica risposta l’abbia data la natura: il crisantemo fiorisce
in autunno ed il 2 novembre dedicato ai morti è il giorno
autunnale che la chiesa latina fa risalire al 998, quando l'abate
benedettino san Odilone di Cluny decise che le campane dovessero suonare con
rintocchi funebri dopo i vespri del 1° novembre per celebrare i defunti.
Una coincidenza che in tale periodo la natura decidesse di far fiorire i
crisantemi!
Un fiore speciale che perde il fascino triste che ha in Italia
ed altrove è vissuto come portatore di gioia e prosperità, come in
Inghilterra dove si regala per le nascite, o specie in oriente dove è nato.
Non so se provenga dalla Cina, dove si registra prima la sua coltivazione e
dove era in uso il sakè di crisantemo, o dal Giappone: sembra che
dal Giappone arrivasse in Olanda a metà del ‘600, e dalla Cina arrivasse in
Francia alla fine del ‘700. In Giappone questa margherita
dai 16 petali, stilizzata, è lo stemma della famiglia imperiale, è simbolo
di pace ed è usata in ricorrenze gioiose.
Forse perché il crisantemo ha lì la sua bella leggenda?
Forse, ed è una di quelle leggende che cominciano con quel “c’era una
volta”, si perde nel tempo e consente di crederci.
Fatto sta che in quella sera d’Ognissanti una bambina vegliava sulla
propria mamma ammalata e pregava perché non morisse. Le apparve l’angelo della
morte e le disse che avrebbe concesso alla mamma tanti anni di vita quanti i
petali di un fiore che gli avrebbe donato.
La bambina corse a cercare il fiore nel giardino, trovò una margherita tra
rami secchi, ma i suoi petali erano pochi. Senza farli staccare dallo stelo li
tagliò in tante striscioline sottili che ne aumentarono il numero, sfidando
la morte.
Quella piccola, guidata dall’ amore per la sua mamma, rimane ancora una
lezione: fino a quando esisterà un fiore sulla terra e l’amore di un solo uomo,
la vita avrà un senso oltre la morte e la morte non ne sarà la fine.
lunedì 31 ottobre 2016
Il dramma non è solo in una parte geografica dell'Italia.
...E poi ti prende così, quel magone e la
tristezza di quanti hanno perso la propria casa, le cose, i progetti, la
storia, le memorie....
Quelle crepe aperte, quegli squarci, non sono
solo rughe di vecchiaia ma incuria e non solo del tempo.
Ti viene alla mente che ancora tanti cittadini
colpiti dai sismi negli anni precedenti attendono che si restituisca la loro
dignità.
E’ l’anima.
E’ l’anima.
Pensi alla tua Italia rugosa, alla tua terra,
ti guardi intorno e speri. Peccato che la speranza dei cuori degli italiani sia
amareggiata, arrabbiata, delusa dalla politica che dimentica, scava distanze ed
accumula sfiducia.
Il terremoto non è solo in quella parte geografica dell'Italia.
Il terremoto non è solo in quella parte geografica dell'Italia.
giovedì 8 settembre 2016
Ricchi e poveri nell'equità sociale?
Due o tre soldi in più sono una ricchezza per il povero, e non si può rifiutare. Ma a pensarci bene il concetto di povertà è slegato dal principio
di equità sociale!
Quando la politica tratta il “piano anti-povertà” viene subito
da chiedersi perché si è creata, e continua a mantenersi, la condizione di grave
disuguaglianza sociale che l’Italia soffre. Non solo l'Italia.
Quando poi chi ne parla dai salotti televisivi lo fa
dall’alto di un proprio stipendio e di pensioni e di privilegi che grazie al
potere politico si è concesso in nome e per conto dei cittadini anche quelli cosiddetti
poveri, sembra di assistere ad un paradosso.
Specie poi quando, scattato il piano
di “Sostegno per l’inclusione attiva”, si prescrive che chi vuole essere
sostenuto debba presentare la “domanda” al proprio Comune. Pur essendo il
Comune già a conoscenza dei redditi dei propri cittadini. E se non lo fosse il
Comune lo sarebbe lo Stato attraverso i dati del proprio sistema fiscale.
Ma si riesce ad immaginare che gente lontana dal modo
amministrativo e burocratico, poi lontanissima dalle tecnologie, formuli
domande per ottenere…cosa??? Già quei due preziosissimi soldi in più.
Un milione di famiglie indigenti coinvolte
dall’annunciato “cantiere sociale” che dovrebbe aumentare di qualche soldo il
capitale sociale nella prossima legge di stabilità 2017, sono un numero
esorbitante ma se si legge il report della Caritas sulle condizioni economiche,
quel numero non contiene tutti.
Madre Teresa di Calcutta ha raccontato “Credo che nessuno di noi conosca la fame, ma
un giorno me la insegnò una bambina. La trovai per strada, mi accorsi che aveva
fame e le diedi un pezzo di pane, ma lei ne mangiava una briciola per volta. Io
le dissi di mangiarlo serenamente, ma lei mi rispose: ‘ho paura, perché quando
finirà io avrò di nuovo fame.”
La politica del governo racconta ” …provvederemo ad
una misura di equità sulle pensioni minime e metteremo nuove risorse sul
contrasto alla povertà.” Equità solo sulle pensioni minime!
Vorrei leggere piuttosto “…..provvederemo ad una
misura di equità sulle pensioni e sui diritti acquisiti e a misure di contrasto
alla disuguaglianza sociale”. Ma sarebbe troppo?
Con ciò non si pretende certo di “aggiustare” le
diverse condizioni che tante persone vivono non potendo accedere a beni e
servizi di fondamentale priorità, ma
proprio di riscrivere il sistema e il pensiero della società perché il pauperismo,
quella miseria che coinvolge masse di popolazione, non è solo intollerabile
sotto il profilo umano quanto anche danneggia il valore del rispetto e della solidarietà trasformandola in un principio di elemosina. Grave lesione alla dignità di ciascuno.
Ecco, se la politica non riscrive il sistema, se i piccoli
aumenti di capitale sociale vengono assorbiti da aumenti delle spese, allora
quando finirà la mollica del pane non sarà cambiato nulla.
L’equità sociale è un’altra storia!
mercoledì 7 settembre 2016
Ma i soldi dove stanno?
Come cambiano i punti di riferimento
dell’economia mondiale! Una volta si pensava all’America
come terra d’oro e si facevano carte
false pur di emigrare nel continente che tirava l’economia mondiale. Poi
l’Europa partorì un sogno economico mai decollato. Poi? Capitan debito azzerò il sogno di ricchezza dei tanti, mise in pausa il Pil, rallentò la crescita e ieri la comunicazione dell’ISM,
considerato un sondaggio plausibile dato il campione molto esteso, ha
raccontato che l’industria dei servizi anche negli Stati Uniti ha toccato il tasso più basso dal 2010.
Cos’è l’ISM?
E’
l’Institute of Supply Management che calcola per gli Usa l’andamento aziendale
attraverso indici di riferimento mensili. E così anche il sogno americano ha i suoi limiti! Ma l'economia non sta bene? I sondaggi di J. Morgan, che si serve di informazioni
richieste a 7500 direttori di vendita di 26 Paesi che coprono circa l'80% del
Pil mondiale, non sono confortanti come non lo sono gli indici che in Europa vengono calcolati dalla Ntc Research, come anche dagli Indici
Ifo, Zew, Isae, Business climate indicator, Tankan.
Sondaggi che riuscirebbero a prevedere le crisi mentre ci raccontano come sta andando. E se si legge che si migliora occorre
essere prudenti nell’interpretare un dato che potrebbe essere migliorato solo
nel quadro del peggioramento registrato precedentemente!
Certo, i numeri non servono se
non si utilizzano per porre rimedi e non è un conforto leggere che l’ex
segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, già nel 2013 prevedeva una stagnazione secolare dell’economia
mondiale.
Ma da cosa può dipendere?
Sul Sole24ore si fa una disamina
dei fattori condizionanti, distinguendoli in congiunturali e strutturali, cioè fattori momentanei e permanenti.
Non vi è dubbio che la politica
fiscale è responsabile: maggiore tassazione e minori spese di investimento non
sono certo una prospettiva di miglioramento se si considera che sono diminuiti
sensibilmente gli indici del commercio mondiale e questo per quella reazione a
catena che può immaginarsi: la restrizione bancaria e le incertezze della
politica non inducono le aziende ad investire, gli stipendi bassi non
alimentano i consumi delle famiglie, insomma c’è davvero poco da inventarsi se
lo stato delle cose è “contro” la crescita.
A questo si aggiunga l’aumento
del debito pubblico e dell’invecchiamento delle popolazioni in contesti che
registrano enormi diseguaglianze sociali e culturali. Insomma non si consuma e
dunque non può prodursi e nel contempo necessitano spese sanitarie e previdenziali.
Pensa che l’Italia è uno dei tre
paesi al mondo qualificati come super-vecchi con Giappone e Germania! Ma nel
2020 anche Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia e
Portogallo riscontreranno lo stesso problema.
Adesso immagina che la popolazione
in condizione di lavoro scenderà sensibilmente e quelli che lavorano saranno
precari e mal pagati.
Ritorna anche lo spettro della
minaccia tecnologica che sostituirà i posti di lavoro ma questo anche perché si
investe poco in cultura e ricerca, in formazione specializzata producendo
demotivazione e disoccupazione.
E a che punto siamo con l’investimento
in infrastrutture? Leggo che necessita un impegno comune, ma….per quanto da
anni al G20 si richieda unione di intenti tra gli Stati per ricominciare ad
aprire prospettive tra pubblico e privato, se si chiede da anni vuol dire che
ancora non ci sono le basi per ricominciare insieme.
Ed allora resta da capire se ci si vuole coordinare o
si sta attendendo qualche altra furbizia economica…..
Intanto la gente soffre in quella unica vita che è
data e la ....salvezza si allontana!
mercoledì 24 agosto 2016
E poi?
Le
immagini terribili del terremoto, che la notte scorsa ha devastato il centro
dell’Italia, scorrono su tutti i canali.
Devastanti.
Riprendono
la forza di una natura ostile che ha distrutto paesi e mietuto vite, ed ancora riprendono
quei mobili, quelle suppellettili tra gli squarci dei
muri, quel lampadario
ancora appeso, che ti danno subito uno schiaffo.
L’impotenza
dell’uomo è misurabile!
Pensi
a quanti sacrifici sono costati quei muri crollati e quelle “robe” portate via
in pochi secondi, a quante speranze erano legate e legavano al presente
raccontando storie di una intera esistenza.
E
ci stai dentro, ci sei anche tu perché ti rendi conto che sarebbe potuto
accadere a te ed al tuo paese.
Allora
ti sale quell’emozione irrefrenabile e ritornano le immagini impresse dei
terremoti recenti o meno, e ti chiedi: “ e poi?”
Poi
si crede che lo Stato intervenga, che ricostruisca velocemente quanto meno le
case distrutte, che restituisca ai suoi cittadini, orfani di tanto, almeno la
forza di ricominciare. Il dramma è proprio lì.
Perché
se non puoi evitare che la natura esprima la sua violenza, puoi evitare l’indifferenza
e l’impotenza che dipendono da come si amministra.
Puoi
evitare che per anni o per sempre le baracche siano quel poi e che si resti a
metà di interventi necessari ed urgenti. Rimangono anni in sospeso.
Ricominciare
nonostante tutto è la forza dell’uomo che ha perso tutto, che poi ha bisogno di
un tetto, dei servizi essenziali, della sua dignità. E l’uomo è anche il
cittadino.
Quel
poi del cittadino non c’è!
giovedì 11 agosto 2016
Tutto torna, anche le ferie di Augusto!
Oh, che bel sole di mezz'agosto!
E’ così che il compositore napoletano Ruggero
Leoncavallo ambienta la sua opera “Pagliacci” non dimenticando di riportare
alla Chiesa cattolica ed a “..la Vergin pia di mezz'agosto" quella che era nata come festa pagana dedicata alla dea
Diana.
Certo, quel mezzo mese fu spostato dal 13 al
15 agosto per celebrare l’ Assunzione di Maria accolta in cielo, e questo dal VII
secolo circa.
Eppure il nome ricorda sempre la sua
storia, quando l’imperatore romano Ottaviano Augusto nel 18 a. C. aveva istituito il suo riposo, feriae Augusti per tutto il mese dopo la faticosa raccolta agricola. Ferie, dunque, riposi meritati.
Con il ferragosto si festeggiava la fine dei lavori agricoli
mercoledì 20 luglio 2016
Erdogan non è un moderno Pisistrato.
Adesso si rischia di più. Chi fu Pisistrato? Lo
conosciamo dalle pagine di Erodoto nel capitolo del suo libro
"Storie". Uno famoso ad Atene perché aveva preso il porto di Nisea
nella guerra contro i Megaresi salvando la patria anche con altre imprese ma
sopratutto perché non solo in guerra, di certo fu stratega anche nella vita se,
un giorno in cui stava raggiungendo i suoi campi, ebbe l'idea di ferirsi le
mani, ferire i muli che trainavano il suo carro, ritornare in piazza e
raccontare di essere scampato ad un attacco di nemici che intendevano
ucciderlo. Ottenne subito dagli ateniesi...
venerdì 15 luglio 2016
Morti, ancora! Il nostro quotidiano è compromesso.
Che importa se il camion è trivellato di colpi, quel camion tragicamente
bianco ha già attraversato la storia di tante famiglie. Lo ha fatto con
determinazione, in una corsa di due chilometri, a zig zag, a velocità sostenuta
pur di colpire di più, più gravemente, pur di compiere un atto eclatante.
E se non fosse bastato ecco gli spari, l’accanimento ed altre armi in
quell’involucro di lamiera. Per chi? Per che cosa?
giovedì 14 luglio 2016
Non ti puoi dimettere. Hai da votare!
Saranno pure pensieri perversi ma se cittadino è
quel civis costituzionalmente titolare di diritti e
soggetto delle decisioni, non vi è dubbio che se diventa oggetto delle
decisioni, è suddito!
In realtà perverso è il meccanismo che a
qualcuno piace definire democratico, perché dà sicurezza in alternativa ad
assolutistico, identificandolo con l’espressione di un voto, nelle elezioni,
attraverso il quale il cittadino assume la sua scelta!
Eppure succede stranamente che:
a. il candidato da votare alle elezioni è scelto dal partito, ente di natura
privatistica che rimborsa le sue spese incontrollabili con soldi pubblici per
il bene pubblico.
b. Lo si vota perché rappresenti gli
interessi del cittadino, dunque perché serva la comunità, ma l'impressione è piuttosto che la comunità serva agli interessi del
votato. Comunque nessuno ha mai sostenuto che il cittadino rappresenta l’onorevole
ed ha diritto ad essere rimborsato!
c.
Per essere eletti qualcuno cede alla
trascurabile inezia della corruttela nei voti. Perché è contento se ci riesce?
d.
Il soggetto votato diventa onorevole, il
cittadino rimane popolo!
e.
L’onorevole decide i suoi benefit,
privilegi, vitalizi, pensioni, la scontistica per sé e per le proprie famiglie
anche allargate, e siccome si stressa legifera anche le sue gratuite terapie
rilassanti. Ma non garantisce nulla. Non risponde di nulla, nemmeno del
bilancio o dei debiti. Addebita piuttosto
al cittadino tasse, percentuali, costo del lavoro, debiti e povertà, costo
della salute, della sicurezza, del’aria e dell’acqua.
f.
Il cittadino paga ma non ha titolo a stressarsi anche se non arriva a fine
mese, se ha la fortuna di lavorare, e non ci sono i soldi per la sua pensione!
g.
Eletto una volta, l’onorevole rimane a
vita colui che rappresenta il cittadino, anche se non è più votato,
passa da un incarico e l’altro, sempre con ottimi compensi ed il partito,
magari dopo 30 anni, può ricandidarlo per il cambiamento!
h.
Chi è stato al governo ha diritto a vita a
scorte e privilegi, uffici ed auto. Insomma è quello che viene pagato a tutti i
costi ed in eterno. Magari dopo di lui i figli!
i.
In nome della politica i votati discutono,
litigano, considerano prioritari i sistemi elettorali come quel gioco da
vincere togliendo agli avversari poltrone e poteri e poi si accordano su
coalizioni distribuendosi ministeri, sottosegretariati, assessorati, dirigenze
e presidenze. In nome del popolo!
j. Se per caso, ma è solo un altro gioco, si dovesse ricorrere ad un referendum
popolare, sempre i votati decidono come e quando farlo, se spacchettarlo,
sminuzzarlo, diluirlo, disperderlo o consumarlo intero. Ma se mai il risultato
dovesse essere diverso dal previsto c’è sempre la possibilità di un’altra
legge. Si è visto, per esempio, con i finanziamenti ai partiti!
Adesso, forse non colgo più il senso di
tale meccanismo democratico, ma se la politica è quella strana proprietà
che dovrebbe guardare ad obiettivi di servizio, come mai tali
obiettivi non si raggiungono e c’è sempre un’altra legislatura alla quale
rimandare promesse senza programmi, programmi senza programma?
Dove sono finiti la democrazia ed il
suo cittadino?
Ecco, il cittadino è un opzional, uno che
ha il solo compito di votare per dare legittimità perfino ai suoi debiti a
vita.
Uno obbligato a pagare a tutti i costi
anche quando non dovrebbe, a cui non si debbono rendicontare le decisioni, uno
che pretende troppo se chiede di lavorare, di potere percepire una pensione
equa piuttosto che farsi bastare 500 euri mensili, di potersi curare se
indigente piuttosto che evitare medicine ed esami diagnostici, di essere
aiutato se vecchio piuttosto che lasciarsi andare, di essere assistito se
debole, o limitato, piuttosto che andare a chiedere elemosina.
Uno che se non basta può essere
anche integrato e piuttosto può morire senza avere potuto
capire per che cosa ha votato, per che cosa si è indebitato, quale sistema ha
ingabbiato il suo appellativo e la sua dignità facendogli credere che è stato lui a
sceglierlo.
Un suddito?
mercoledì 13 luglio 2016
Di chi è la colpa della politica siciliana?
Certo, presi dalle velocità con le quali inseguiamo le tappe forzate della vita siamo portati a rimuovere la memoria del nome votato, ma forse non farebbe molta differenza pur se, ammettendolo, dovremmo dire addio ai sensi di colpa che ci fanno porgere la spalla al politico.
Eppure, che c'entriamo?
Il nostro presidente regionale ha un curriculum di tutta sinistra.
Collaborazioni con l'Unità, il Manifesto, Liberazione, militanza nel Partito Comunista Italiano, poi con Rifondazione Comunista é assessore alla cultura del comune di Gela dal 1996 al 1998, con la Federazione dei Verdi nel 1998 è consigliere comunale e consulente dell'assessore regionale ai beni culturali, con il Partito dei Comunisti Italiani e l’alleanza di centrosinistra,
lunedì 11 luglio 2016
Cosa resta della rivoluzione di Crocetta? Che Sicilia ci restituisce?
A ogni nuova ondata elettorale condita di passione,
proponimenti, aspettative, si accende la speranza che questa terra martoriata e
bistrattata possa avere un moto d’orgoglio e rinascere. Che possa avere un
futuro normale, dove ogni persona possa realizzare se stessa e costruire la
propria vita senza sentire più mortificanti litanie sul sottosviluppo, la
colonizzazione, la disoccupazione, l’emigrazione, il degrado, la corruzione, il
malaffare, la mafia, in una parola, il lento annientamento di una delle terre
più belle e ricche
mercoledì 6 luglio 2016
Chi comanderà l'Isis nei prossimi anni?
Mentre noi italiani piangiamo le nostre vittime di Dacca, ancora si discute di guerra religiosa. Si maschera una guerra dei poteri. Mentre si invoca la pace c'è chi vende armi e chi le compra. Si istiga all'odio.
In Italia la giustizia è lenta e imperversano le pastoie delle identificazioni di quanti, immigrati, non sono profughi. Noi siamo buoni e tutte le altre nazioni che chiudono i loro confini comprendendo che non si può andare oltre sono nazioni tutte cattive?
In Italia rimangono tutti, pure a carico degli italiani che non arrivano a fine mese.
Sono tanti i non profughi. Cosa nascondono se fuggono anche dalle forze dell'ordine,
sabato 2 luglio 2016
Uccisi dieci di noi a Dacca.
Non possiamo non considerare questo uno strano sabato, triste e drammatico, per tanti che sono stati feriti e per dieci italiani strappati alla vita. Un attentato a Dacca, circostanze, appuntamenti sbagliati. Dieci di noi.
Dieci famiglie che d'improvviso e senza capirne le ragioni, si trovano private di un loro affetto. Questa non è la guerra di quei dieci, dei tanti altri che hanno perso la vita negli attentati precedenti, se è vero che il Dio di tutti è buono.
Ma come è possibile che gente comune uccida gente comune per seminare terrori dove dovrebbe esserci amore.....Questa non è una guerra di religione.
Certo che manterremo dignità in difesa del nostro quotidiano indifeso, che saremo forti quando sappiamo di essere deboli, che sapremo affrontare l'ignoto imprevedibile. Ma credo che tutto questo lo faremo, costretti a farlo, perché non ci sono alternative per gente comune.
Gli squilibri attuali che hanno generato e generano odio e morte non dipendono da chi muore.
Strano questo sabato di cui nessuno potrà spiegare la verità.
Dieci famiglie che d'improvviso e senza capirne le ragioni, si trovano private di un loro affetto. Questa non è la guerra di quei dieci, dei tanti altri che hanno perso la vita negli attentati precedenti, se è vero che il Dio di tutti è buono.
Ma come è possibile che gente comune uccida gente comune per seminare terrori dove dovrebbe esserci amore.....Questa non è una guerra di religione.
Certo che manterremo dignità in difesa del nostro quotidiano indifeso, che saremo forti quando sappiamo di essere deboli, che sapremo affrontare l'ignoto imprevedibile. Ma credo che tutto questo lo faremo, costretti a farlo, perché non ci sono alternative per gente comune.
Gli squilibri attuali che hanno generato e generano odio e morte non dipendono da chi muore.
Strano questo sabato di cui nessuno potrà spiegare la verità.
giovedì 30 giugno 2016
La cittadinanza è una etichetta!
La domanda non è peregrina! Si vive credendo che la cittadinanza sia quel diritto civile e politico che
proviene dallo status di chi ha una storia condivisa nel
proprio territorio, in cui non è né straniero né apolide.
Nulla più a che fare con la condizione di uomo libero contro uomo
schiavo, però molto a che vedere con i poteri che regolamentano il rapporto
giuridico tra cittadino e ordine politico del proprio Paese. Ordine inteso
quale sistema, ovviamente da non contrapporre a disordine come sarebbe facile, guardandosi
intorno. Già!
Poi ti accorgi che
mercoledì 29 giugno 2016
La democrazia non è mai ignorante.
Il cittadino che va al voto è sempre impaurito dalle sue scelte, ma mai ignorante come si pretenderebbe leggendo i commenti di
quanti, delusi da risultati inaspettati, affermano che i cittadini ignoranti
non dovrebbero votare. Sta accadendo nei commenti al voto inglese su brexit.
Ma che significati si danno al voto?
Se l’ignorare
un fatto nelle sue dimensioni omnicomprensive potrebbe rendere discutibile l’espressione di un voto, intanto significa che l’informazione offerta non è stata
sufficiente né completa!
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