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venerdì 18 novembre 2016

Qui si fa l'Italia o......

L’italia, dentro gli attuali scenari,  non può permettersi di impaludarsi in discorsi teorici né di inseguire guerre di poteri.

Gli americani lo hanno compreso, con tutti i rischi del caso. Dobbiamo ammetterlo. 

Se una messaggio arriva dalla elezione di Trump in una potenza grande  ma appannata dal diffondersi di economie dei continenti orientali, è quello dell’insorgere contro l’appiattimento delle politiche storiche e il cercare soluzioni sperando che siano efficaci. 

Non si può più resistere ancorati a vecchie sicurezze, c’è un mondo che cambia, cambiano i mercati, l’Europa zoppica in regole non funzionali se non ad interessi che certo non sono popolari.

Questa anziana signora europea non ha tenuto conto del fatto che molti vincoli senza un riscontro politico economico chiaro e troppo legato a partiti e scadenze, tecnicismi ed inutilità, alla lunga non avrebbe pagato.
Eppure la brexit era stata un segnale come un segnale il perdurare della crisi e, adesso, le impreviste politiche di Trump e quei prossimi appuntamenti del 2017 con le elezioni politiche in paesi come la Francia, l’ Olanda ed una Germania  in cui la Cancelliera Merkel dovrà fare i conti tra investimenti urgenti, riforme strutturali tardive e responsabilità fiscali.
Stessi conti in Italia. Senza gli investimenti, che consentano di ampliare la domanda interna, non ci sarà crescita ed occupazione, ma senza freni alle migrazioni, anche con politiche estere che spingano quei paesi di svilupparsi, si manterrà disordine e squilibrio, così come senza uscire dai moduli standardizzati dettati dalle logiche dell’eurozona non potranno promuoversi le innovazioni che permettono di decollare.
Io credo che l’ Italia, spintonata da esigenze di stabilità e superamento delle non conformità  che la accomunano a Spagna, Francia e Portogallo, stia giocando una partita difficile. Ma non può stare ferma in ruoli vecchi e desueti.
Sarebbe un errore resistere imbrigliata in tecnicismi, ingessata in visioni legate ai partiti che per anni hanno voluto incastonarsi in proprie sicurezze.
E’ vero, per cambiare occorre coraggio, quello che ti tolgono quando ti fanno intravedere rischi e pene, ma quali altri rischi e pene oltre a quelli attuali di cui ci lamentiamo tanto, dunque sentiti, dovrebbero frenare soluzioni possibili ?

D’altronde ad ascoltare le variegate cantilene dai salotti politici televisivi che non dicono nulla di più, la scelta oggi è: restare  sordi e ciechi, rassegnati chissà ancora per quanto tempo, o (perché no?) provare intanto nuove strade ed asfaltarle lì dove servirà rimuovere le parti dissestate? 

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