Adesso si rischia di più. Chi fu Pisistrato? Lo
conosciamo dalle pagine di Erodoto nel capitolo del suo libro
"Storie". Uno famoso ad Atene perché aveva preso il porto di Nisea
nella guerra contro i Megaresi salvando la patria anche con altre imprese ma
sopratutto perché non solo in guerra, di certo fu stratega anche nella vita se,
un giorno in cui stava raggiungendo i suoi campi, ebbe l'idea di ferirsi le
mani, ferire i muli che trainavano il suo carro, ritornare in piazza e
raccontare di essere scampato ad un attacco di nemici che intendevano
ucciderlo. Ottenne subito dagli ateniesi...
la sua scorta scegliendo degli uomini
che divennero i suoi "mazzieri" quelli che avevano il compito di
difenderlo a colpi di mazze di legno. Ottenne dunque il favore del popolo. Fu
l'inizio della sua ascesa al potere e divenne ben presto il tiranno di Atene.
Erano gli anni tra il 560 ed il 520 avanti Cristo, eppure sembra che dopo quasi
2550 anni sia cambiato poco. A ciascuna fase della storia le proprie armi, si
intende, ma rimane salda la strategia, la finzione, il modo. Rimane sospeso il
giudizio. L 'aristocratico Pisistrato ottenne il favore del popolo. Fu poi
saggio ed equilibrato? Sembrerebbe di sì. In ogni caso con la sua tirannide
Atene ebbe un periodo di pace e di riforme. Non mancarono le feste, quelle
dionisiache, perché un'altra lezione della storia è che al popolo non devono
mancare le distrazioni...divertenti. Erdogan sembra avere utilizzato la
minaccia del colpo di Stato, di cui era molto probabilmente a conoscenza fin da
giorni prima, la sua polizia, il popolo dalla piazza di un cellulare, per
potere avere mano libera, modificare la Costituzione e realizzare la sua
repubblica presidenziale. Lo fa dopo avere ottenuto lauti finanziamenti dall'
Europa per calmierare la clandestinità e l'emigrazione, pur non essendo il suo
un paese europeo. Ci si chiede come. Può anche darsi che serva un polso forte
per porre ordine in quelle aree inquiete, ma il sostegno del popolo, in questo
caso, e l'accordo con la nostra Europa, non rassicurano fino in fondo. Appare
lui un uomo forte e capace di piegare la storia, l'Europa una sorta di
ostaggio, perfino Obama piegato dalle accuse di avere favorito il golpe. A lui
Erdogan invia non uno ma quattro dossier contro Gulen, per la sua estradizione,
una sfida tutta internazionale! Pisistrato aveva mantenuto le buone leggi di
Solone, qui invece le notizie delle numerosissime dure epurazioni, 9mila
dipendenti dal ministero dell' interno, circa 3mila magistrati e gente di
scuola, preoccupano non poco. Vero che in guerra il nemico si abbatte ma questa
è strage del pensiero libero. Dure e troppo veloci le risposte, come elenchi
già pronti e solo da utilizzare. Troppi, davvero troppi: sospesi15mila
dipendenti pubblici, tra impiegati e funzionari del ministero della pubblica
istruzione, revocato il titolo per insegnare a 21mila docenti di istituti
privati, presidi e rettori universitari. La scuola perché? Su di loro il sospetto
di appartenere a quella che Erdogan considera una associazione terroristica,
per quanto religiosa, Feto, che si ricollega al suo oppositore Fethullah Gulen.
Chiaro che sta trattando la sorte di Gulen passando dagli USA. Ma tutto questo
consente al Consiglio per l'Alta Educazione, che governa le università in
Turchia, di chiedere le dimissioni di ben 1577 suoi componenti tra decani e
rettori, presidi di cui 1176 sono di scuole pubbliche, al Consiglio Supremo per
radio e televisione di oscurare 24 emittenti radiotelevisive e di chiedere
inchieste per ben 370 dipendenti tra giornalisti di TV pubbliche. Consente alla
Presidenza turca per gli affari religiosi di allontanare ben 492 tra imam e
docenti di religione. Niente funerali per i golpisti. Anzi, forse si introduce
la pena di morte. Dunque istruzione e informazione sotto accusa, ma possibile
tutti colpevoli? Numeri che sono davvero una enormità. Allora ci si chiede come
mai, se sembrano coinvolti le intelligenze e la cultura di un paese, se le
epurazioni sono così numerose, il golpe è sembrato un piccolo gioco con quattro
macchinine da guerra. Il rischio di una guerra non era nel golpe. Lo è da
adesso.
di Maria Frisella
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