Oh, che bel sole di mezz'agosto!
E’ così che il compositore napoletano Ruggero
Leoncavallo ambienta la sua opera “Pagliacci” non dimenticando di riportare
alla Chiesa cattolica ed a “..la Vergin pia di mezz'agosto" quella che era nata come festa pagana dedicata alla dea
Diana.
Certo, quel mezzo mese fu spostato dal 13 al
15 agosto per celebrare l’ Assunzione di Maria accolta in cielo, e questo dal VII
secolo circa.
Eppure il nome ricorda sempre la sua
storia, quando l’imperatore romano Ottaviano Augusto nel 18 a. C. aveva istituito il suo riposo, feriae Augusti per tutto il mese dopo la faticosa raccolta agricola. Ferie, dunque, riposi meritati.
Con il ferragosto si festeggiava la fine dei lavori agricoli
tutelati da Conso, dio romano della terra e della fertilità, per cui i contadini porgevano gli auguri ai proprietari delle terre e ne ricevevano in cambio una adeguata mancia mentre gli animali da tiro con i quali si lavoravano i campi sfilavano adorni di fiori.
tutelati da Conso, dio romano della terra e della fertilità, per cui i contadini porgevano gli auguri ai proprietari delle terre e ne ricevevano in cambio una adeguata mancia mentre gli animali da tiro con i quali si lavoravano i campi sfilavano adorni di fiori.
L'uso della mancia dovette essere un ottimo incentivo
politico se in età rinascimentale lo Stato
Pontificio lo rese obbligatorio!
La gita fuori porta fu piuttosto un incentivo del
periodo fascista quando, dalla seconda metà degli anni venti,
le associazioni dopolavoristiche delle varie
corporazioni organizzavano centinaia di gite, con i "Treni popolari di Ferragosto" che offrivano scontistiche
particolari.
Non c’è che
da riconoscere il buon vantaggio delle iniziative per cui la gente meno agiata poteva visitare non solo
le città italiane ed i suoi monumenti, ma anche ambienti marini e montani in percorsi di durata
diversificata o per un raggio di 50-100 km
oppure di 100–200 km. La cultura poteva ossigenarsi ma il pranzo era a sacco!
Di certo non prevedeva sempre la tradizionale cucina
del detto popolare per cui “A ferragosto si mangiano i piccioni arrosto”, che
sembra risalire al periodo carolingio in Toscana. Probabile che i piccioni,
cari nel periodo di caccia, fossero sostituiti da pollo in umido con peperoni come fu a
Roma, o dal galluccio pugliese di circa 3 kg
al forno con patate!
Rimane più dolce il biscotto di Stresa, le Margheritine, che
la regina Margherita offriva ai suoi ospiti
per il tradizionale ricevimento di Ferragosto organizzato dalla Casa Reale,
o il Biscotto all’anice di mezz'agosto
di Pitigliano.
Ma più fresco ed adatto alle temperature ferragostane è
pur sempre il gelu di muluna, gelo di melone decorato con foglie di limone
e fiori di gelsomino,
tipico della Sicilia.
Non credo però che alcun cibo potesse sostituire la
ormai dimenticata usanza lombarda e piemontese per cui i datori di lavoro “davano
il ferragosto” ai loro dipendenti donando denaro o beni commestibili per allietare la festa.
Ora rimane solo da tentare la fortuna giocando il
numero 45 al lotto, perché così consiglia la smorfia napoletana!
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