A ogni nuova ondata elettorale condita di passione,
proponimenti, aspettative, si accende la speranza che questa terra martoriata e
bistrattata possa avere un moto d’orgoglio e rinascere. Che possa avere un
futuro normale, dove ogni persona possa realizzare se stessa e costruire la
propria vita senza sentire più mortificanti litanie sul sottosviluppo, la
colonizzazione, la disoccupazione, l’emigrazione, il degrado, la corruzione, il
malaffare, la mafia, in una parola, il lento annientamento di una delle terre
più belle e ricche
che ci siano al mondo. Ma puntualmente le speranze diventano
vane e i sogni s’infrangono come le onde sugli scogli. Come ad ogni nascita ci
si aspettano cambiamenti e miglioramenti, è la stessa natura dell’uomo che ha
in sé insita la speranza, la stessa che accende e riscalda il cuore di una
nuova luce. Siamo all'ultimo anno di un governo siciliano che aveva promesso
“Rivoluzione” "Legalità" e “Giustizia Sociale”, ma il bilancio è
nefasto, solo devastazione, carne macellata, povertà e miseria che alimenta la
guerra tra poveri e anche quella tra ricchi. Questa solfa della “rivoluzione”
usata a ogni “piè sospinto” e snocciolata a ogni difficoltà, non funziona più,
è stantia, superata, obsoleta e ampiamente abusata. Un governo regionale nato
nel nome dell’antimafia che ha tradito il suo stesso slogan e che, alla prova
dei fatti, ha usato come attestato su cui costruire potere e carriere. Un
governo regionale nato in nome della legalità, quella stessa legalità a fasi
alterne, a proprio uso e consumo, una doppia morale indecente e fasulla.
Miserevole e vomitevole continuare a speculare sulla morte eroica di chi ha
perso la vita per servire lo Stato, una volta per accreditarsi politicamente,
altre a uso e consumo personale di chi, non avendo più argomenti, usa una
patente scaduta. Miseria umana in qualsiasi modo si vuole leggere. Abbiamo
visto cambiare quattro governi regionali, più rimpasti di assessori, con la
stessa facilità con cui si cambiano i calzini e quella luce di speranza si è
man mano affievolita fino a spegnersi. I siciliani hanno atteso con pazienza
che l’agonia di ciò che ormai è solo un moribondo che cammina potesse finire e
potesse scriversi, con sospiro di sollievo, la parola “fine”. Purtroppo
quell’innato o dannato spirito di conservazione e autoconservazione prende il
sopravvento e pur di non rinunciare a benefici personali, uomini e donne, che
hanno ricevuto un preciso incarico di rappresentanza, puntualmente tradiscono
tale nobile mandato per asservire se stessi, gli amici e gli amici degli amici.
Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, è ormai al timone di
una nave in avaria, che sta affondando per la sua incompetenza, la sua
incapacità, la sua improvvisazione le sue infinite contraddizioni politiche. I
danni sono irreparabili, ma il vero responsabile è chi si ostina a tenerlo in
una carretta del mare per squallidi calcoli politici e non a favore del popolo
che indegnamente rappresenta. Nel Parlamento siciliano vanno in scena cambi di
casacca e voltagabbana, seguite puntualmente da scie di polemiche nauseanti,
una volta da una parte e una volta dall’altra, da un pulpito che ha pure la
tracotanza di presentarsi come una verginella pura e casta, mentre punta il
dito contro chi commette lo stesso identico peccato. Quando gli elettori sono
considerati numeri, e non persone degne di rispetto e considerazione, diventa
per loro legittimo pensare che se s’imbarca un soggetto, considerato portatore
di voti, con esso arriva il suo pacchetto di numeri. Indegna offesa all’intelligenza
dell’individuo, alla libertà del voto e ai nostri padri che hanno sacrificato
la propria vita per essa. In ogni ambiente ci sono i purosangue, i cavalli e
gli asini, purtroppo abbiamo costatato che gli asini sono tanti, i cavalli
pochi e i purosangue più unici che rari. Il presidente, per un misero piatto di
lenticchie, che gli consente solo di vivacchiare, sta svendendo la Sicilia e
con essa i siciliani. Ormai il suo ruolo è relegato alle rappresentanze come le
first lady che si occupano di presiedere manifestazioni: ma almeno quelle si
occupano del sociale, lui presiede fiere di paese. E’ stato spogliato di tutto
il potere, dispone solo di un titolo ormai di plastica e lo usa per becere e
misere circostanze che nulla hanno a che vedere con la parola governare e
amministrare, se lo tengono solo per spartirsi gli ultimi brandelli del poco
che è rimasto in Sicilia e per assolvere al volere di altri abusivi di taglio
nazionale. Di fatto, Crocetta è ormai una pedina nelle mani di chi si fa forte
con i deboli e debole con i forti, l’uomo giusto al momento giusto, per
asservire progetti molto più ambiziosi di politicanti senza scrupoli. Venditori
televisivi, aiutati da proconsoli che hanno trovato il metodo di come
riservarsi un posto al sole. Il re è nudo in mezzo a cortigiani che man mano lo
abbandoneranno per salire sul carro che sarà quotato come vincente.
Al momento, gli rimane solo uno scettro di plastica e
un trono di cartapesta.
Adriana Vitale
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