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domenica 22 maggio 2016

Cronache di lotta quotidiana di chi vuol sopravvivere.

foto Termometropolitico.it
Nessuno si è ucciso perché ha perso il lavoro. Perché le tasse se lo sono mangiato pian pianino a partire dal cervello.
Notte dopo notte, tra l’incubo di un pignoramento e le telefonate delle finanziarie che, come gocce battenti sul freddo marmo della sua sfiducia, lo hanno arreso alle buste verdi che si sono accumulate nella buca delle lettere.
No, nessuno si è ucciso perché ha perso...
la moglie stanca di aspettare una svolta che non arriva mai.
Perché l’abbraccio dei suoi bambini, la sera al ritorno dal lavoro, ormai è un appuntamento settimanale. Quando può. Se può.
Nessuno si è ucciso perché alle riunioni dei cassintegrati della fabbrica, ormai, si presentano in pochi. E sono sempre in meno.
Nessuno si è ucciso perché  l’ufficiale giudiziario ha finito di temporeggiare e domattina viene con la forza pubblica per buttarlo fuori dal tetto che  è stato il riparo dei suoi, dei loro, sogni per tanti anni.
Nessuno si è ucciso perché dal ritorno dell’ufficio di collocamento o, con l’americanizzazione del nuovo nome: agenzia per l’impiego, ha riportato nelle tasche le stesse vuote promesse di uno stato distratto. “Le faremo sapere”.
Tutto questo non è accaduto, qui, ora, in quest’Italia di tifosi e partigiani.
Dove un gol della Juve val bene l’ennesima famiglia costretta a dormire in auto. E’ più importante e merita più colonne sul quotidiano. E poi viene bene nel servizio televisivo.
Vuoi mettere la coppia spaurita sotto coperte dove esce la testa di un bambino dentro un auto ammassata di cartoni. Squallide immagini che rovinerebbero la cena della famiglia italiana dell’ex mulino che si è ridotta ad un attore pensionato ed una gallina. Rosita.
Sì diamo il nome alle galline. Ma non citiamo la gente che scompare.
Poi accendi la tv, leggi quello che una volta si chiamava quotidiano e scopri che mille aguzzini del passato trentennio si lanciano sfide sulle prossime elezioni citando sondaggi, ricerche, analisi… Forti dei loro partigiani che combattono sul fronte dei social dove non scorre sangue ma sarcasmo, battute al vetriolo, veleno.  
Ma non hanno capito che gli va bene se restano in circolazione?
Se nessuno li chiama a rendere conto?

Carlo Mocera

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