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mercoledì 4 maggio 2016

Il tonno, pavido ma ricercato!














Si, quel pesce di mole grande che i Fenici chiamavano than, da cui tonno, e la cui immagine incisero nelle monete, sarebbe un pavido come ebbe a sostenere Ovidio definendolo addirittura il più pavido tra tutti i pesci. Questo perché non nuota mai da solo ma in branco. Eppure proprio
lo stare in branco non gli rese la vita facile!
Infatti Fenici, che ne erano ghiotti, Greci e Romani, ed ancora dopo gli arabi, approfittando della loro abitudine scoprirono che bastava attirare un tonno per avere appresso il branco. Così per catturarlo avevano architettato la “magna retia”, un sistema di reti volanti che, usando pezze di panno e penne di uccello come esca, con il loro movimento lo attiravano con tutti gli altri al seguito.
Gli arabi utilizzavano il sistema delle reti comunicanti che li obbligavano a seguire un percorso fino alla rete finale chiamata culica o naca, culla.
Fato ed epicità!
Era una trappola, perché in quella rete, circondata di barche, i tonni venivano arpionati, colpiti a morte nel mare rosso del loro sangue e poi issati a bordo.
Ed intanto dalla sua imbarcazione, la musciara, il capo Rais seguiva le fasi della pesca assumendo solo lui tutte le decisioni in mare. Era la fase finale, della mattanza nome che evoca lo spagnolo matar, uccidere.
La mattanza rappresenta, ancora una volta, le forti contraddizioni che caratterizzano il popolo siciliano.
Canto, poesia e pittura, ne celebrano la passionalità, come nella cialoma, il canto-preghiera rivolto al Dio generoso e a tutti i santi per favorire la cattura del pesce, che i tonnaroti intonavano in linguaggio misto tra l’arabo ed il dialetto siciliano, con toni prima lenti e poi sempre più serrati e spasmodici accompagnando il tonno nella trappola dell’ultima culla della morte, o come nei versi del poeta dialettale siciliano V. Licata,
Un t’arrabbiare pisci, Non ti arrabbiare pesce
Veni beddu cuèto a la murata. Vieni bello quieto alla murata
Siddu scocci pirdemu la jurnata Se resisti perdiamo la giornata
La morti toi ni servi pi campari” La morte tua ci serve per campare
Od ancora nei colori forti delle tele del Giambecchina e di A. Leto.
I tonni neri e lucenti venivano esposti poi al mercato sui banconi di marmo e abbelliti a volte con un garofano rosso in bocca mentre il pescivendolo attirava l’attenzione dei clienti con la sua abbanniata il grido modulato a voce alta che risuonava nei mercati. Potevano fare altri incontri, lì, ma ormai lontani dal loro habitat.
Il tonno era una esplosione di utilizzazioni, dalla bottarga (uovo di tonno salato ed essicato, ottimo con gli spaghetti) alla tunnina (tonno in salamoia), dal moscame (tonno salato ed essicato) alla ficazza (salsiccia di tonno), dal lattume (seme di tonno) allo scapece ( tonno lessato per la conservazione e condito con aceto). Si sa che il tonno alla siciliana è buonissimo!



Io non so perché ma temo che l’abitudine da branco intrappoli anche noi in qualche rete e per quanto ci si lamenti finiamo per caderci. Nuovi incontri sono spesso taglienti e trasparenti contenitori ci confondono in bella mostra!
Maria Frisella

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