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martedì 7 giugno 2016

Perché così in Sicilia?





Si capisce, se si ragiona sulla storia e sul comportamento amministrativo del suo sistema politico che è uguale in Italia come nell’isola.
Non sono d’accordo con quanti sostengono che i siciliani sono assuefatti, rassegnati, indifferenti. Se dovessi cedere alla tentazione letteraria sosterrei piuttosto che sembrerebbero “vinti”, ma dalla loro stessa autonomia.  Ma non sono i siciliani che hanno autonomia, perché in verità l’autonomia è il privilegio della politica siciliana. E’ come se servisse a bilanciare la situazione dei partiti e non a bilanciare la società siciliana..
I siciliani sono persone per bene, esclusi ovviamente quanti, non trovando altre forme remunerative, occupazionali, di giustizia spicciola, finiscono per entrare nei circuiti della delinquenza. E da lì alla voglia di riscatto economico e sociale il passo è breve: avere soldi e potere conta di più della sofferenza di essere assistito, privo di voce e di comando, cliente!

C’è la povertà nella quale vive la cittadinanza ad esclusione di pochi, il limite dei diritti civili in quanto a servizi e occupazione, l’ignoranza, peraltro certificata dalle indagini Ocse, l’economia che non valorizza le tante risorse di cui l’isola dispone.
Sembra di essere sempre alla rincorsa di una meta irraggiungibile, anche quando i giovani siciliani si mettono in gioco, e aprono un’attività. Le difficoltà che devono superare sembrano perfino più gravose non solo nei costi ma anche perché “danno fastidio” all’ordine delle cose: c’è chi comanda e chi obbedisce e lo spazio della libertà di impresa è ristretto e fortemente tassato.
C’è l’emigrazione: lì le intelligenze dei giovani trovano respiro, l’esperienza dei meno giovani trova risposte. 
Non credo che si debba ancora indugiare nella storica questione meridionale che ha costituito arretratezza e diversità. Il tempo di riprendersi c’è stato, eccome, solo se si fosse rispettato ed utilizzato. Voluto. 
Non condivido più la tesi gattopardiana sul niente che si possa cambiare perché dal tempo di Tomasi di Lampedusa ad oggi sono mutate condizioni, consapevolezze, interpretazioni dell’attualità né si può restare fermi ad alibi o alla nostalgica rassegnazione di una aristocrazia che tramontava dopo secoli di latifondismo e feudalesimo. Anzi le prime espressioni borghesi furono, per esempio a Palermo con i Florio, di investimenti imprenditoriali.
Lasciamo stare anche quel senso di colpa per cui qualcuno rimprovera che sarebbe bene votare questo e non quello e dunque peggio per il cittadino che non lo ha fatto e non lo fa. Facile trascinamento ma non è la logica dei diritti quali contraltari dei doveri di chi, con quei voti, è eletto.
Cosa è cambiato cambiando i governi?
Io penso che il cittadino non è responsabile se non quando perde di vista se stesso e si mette a giocare alla ...battaglia elettorale.
Allora forse si tratta di analizzare il modello socio-politico intervenuto, attraverso la lente di due economisti dello sviluppo, Daron Acemoglu e James Robinson, che scrivono di "modello inclusivo" aperto cioè ai cittadini, e di "modello estrattivo”, per cittadini da utilizzare.
Quale lente potrebbe essere quella nostra?
Se ci fosse un sistema responsabile che paga i propri errori, e non li fa pagare al cittadino, allora forse saremmo più liberi dal bisogno e certamente la Sicilia, come il resto d'Italia, sarebbe migliore.
Andremmo a votare e di sicuro con l'orgoglio di farlo.

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