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Uno spazio aperto al confronto delle idee.

martedì 12 aprile 2016

di Maria Frisella

E mentre si continua a chiacchierare, vi chiedo cos’è? 
Il logo dell'Uomo Qualunque (UQ) con la sua idea legata all'antipolitica che, dalle pagine di carta giallo-grigia del giornale, trovava consensi nel malcontento, rappresentato nella vignetta dove un poveraccio, l’uomo strizzato dalla considerazione che si ha di lui, uno qualunque, di strada, il piccolo borghese di allora, viene schiacciato dal torchio, la classe politica. 
Era il 1944, un contesto storico particolare in cui il trascorso bellico, le macerie rimaste, i morti, la povertà, la sconfitta, i tradimenti e le ferite all’orgoglio, avevano coltivato l’idea che il mondo politico fosse negativo così come insufficienti le istituzioni ed il sistema sociale, i partiti distanti. 

Tale condizione si incarna nel giornalista e commediografo Guglielmo Giannini che lancia la sua passione dalle pagine della rivista "L'Uomo Qualunque".
Beh….al di là della sua accezione negativa, riferibile all’uomo che se ne sta lontano da impegni politici nei quali non nutre alcuna fiducia, di fatto non era distante dalla politica del suo Paese ma sfiduciava il sistema partitocratico esistente. 
Il costo del settimanale? 5 lire a Roma e 6 lire fuori la città, e ne vengono vendute 25.000 copie del primo numero fino alle 850.000 del 1945. Grande consenso popolare specie della rubrica intitolata “Le vespe” (!) che diverte con satire, per la verità pesanti, su politici ed intellettuali il cui nome spesso è storpiato per sminuirne la portata ed interpretare scontentezza e delusione, oltre alla paura di chi temeva di essere epurato o lo era stato. Pertanto eccolo addosso a forme di governo centralizzate, il fascismo, agli antifascisti con le loro idee depurative e contro il comunismo, affiancato al rischio di statalizzazione. 
Dal 1946 al 1949 il partito di Giannini fece audience per la sua idea liberale e liberista inserita in quel dopoguerra lacerato il cui “grido di dolore” Giannini scrisse di volere raccogliere, e formò il partito “Fronte dell'Uomo qualunque” con sedi in tutta Italia, con un programma che vedeva piuttosto uno stato tecnico amministrativo in grado di organizzare e governare senza ipotesi di ipocrite ideologie. E i suoi rappresentanti non dovevano essere rieleggibili. Ottenne ben 30 seggi confermandosi il 5° partito italiano!
Certo, a fronte di un attacco così delineato ai partiti, anche il Partito Comunista Italiano lo criticò aspramente con il sospetto di ricostituzione falsata del Partito Nazionale Fascista, disciolto e disprezzato. Velio Spano, ne L'Unità, 16 febbraio 1946 scrisse di loro“……….i suoi dirigenti ... sono tristi speculatori delle sventure d'Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio” 
In verità di fascismo non c’era proprio niente, a mio parere, ma si sa che nella guerra delle parti riesumare ipotesi che spaventano è una strategia. Fa parte del gioco.
A quel tempo il programma non poteva che prevedere la lotta al comunismo come la lotta al capitalismo della grande industria, un prelievo fiscale limitato e misurato dal “ragioniere” incaricato, il liberismo economico individuale. Lo Stato di Giannini non doveva essere incombente sul cittadino, lasciandolo vivere, l’economia doveva essere liberista, con qualche aggiustamento per il timore che il capitalismo avesse compromessi con il potere. Altrettanto da escludere l’eticità dello Stato che opprimerebbe il libero pensiero del singolo rischiando l’assolutismo di una organizzazione centralizzata.
Attaccato dal governo De Gasperi, dal Partito Comunista e dalla Confindustria, Giannini perse la sua identità avvicinandosi a De Gasperi, tentando poi l'alleanza con la Democrazia Cristiana e il MSI, ed anche con quel comunista Palmiro Togliatti che aveva etichettato "verme, farabutto e falsario" appena due anni prima e poi con il PLI. Fu tragica scelta che deluse parlamentari e sostenitori. Si, riuscì ad entrare nella coalizione elettorale di centrodestra, insieme al PLI e all'Unione della Ricostruzione, ma il Segretario del suo Partito si estraniò ed una buona parte dimissionaria aderì al Partito Nazionale Monarchico e, sciolto il partito, lo stesso Giannini candidato con la Democrazia Cristiana fu il 12º dei non eletti. Se le scelte di Giannini furono machiavelliche, la teoria strategica segnò un fallimento! A mio parere per mancanza di programma e pianificazione di scelte.
Non si tradisce la propria idea o un programma? 
E forse si deve offrire all’elettore sostenitore l’idea precisa di un risultato da ottenere attraverso il più preciso programma e la sua pianificazione? Mah! Si continua a chiacchierare!!!

Maria Frisella

1 commento:

  1. Antonino Zinna Tutto più che giusto, Guglielmo Giannini ha commesso un solo gravissimo errore, l'aver trasformato le sue idee in un partito, si è fatto fregare anche lui dal "SISTEMA".
    Il Qualunquismo è stato criminalizzato dalla storia, ha trasformato il suo vero significato in un qualcosa di orrendo.
    Chi ne fa parte viene qualificato come una persona che se ne frega di tutto e di tutti, che non gliene frega niente di tutto il mondo sociale e pensa solo a stesso.
    Niente di tutto questo, il mio qualunquismo è questo:
    UN UOMO QUALUNQUE MA BUONO.
    Un uomo qualunque non facente parte del SISTEMA scelto dal POPOLO SOVRANO al potere e se sbagliasse lo stesso POPOLO SOVRANO lo accompagnerebbe a calci nel sedere nel sedere da dove è venuto senza la possibilità di far parte della politica perché avrebbe fallito.
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