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sabato 16 aprile 2016

Siamo uomini egoisti o pecore solidali?

Foto di Peter Konig
Il gregge, al mattino, quando il pecoraio apre il passo e ne consente l'uscita pensa all'unisono all'erbetta fresca. Ma non tutte le pecore sanno se saranno munte, tosate, scannate o lasciate ingrassare. Solo le più vecchie sanno, quelle che i giorni vissuti li hanno accumulati e ne serbano memoria. ( Chissà se ne hanno anche coscienza...). Ma in una società dove i valori reali sono stati sostituiti dalla cultura dell’avere, dove il dolore del nostro vicino ci appare sempre più lontano, dove la sua fame sorregge il nostro superfluo, siamo sicuri che la coscienza che dovrebbe differenziarci dalle pecore sia ancora vigile e presente nelle nostre azioni quotidiane? 
Quella vecchia sotto i portici sotto un cartone siamo sicuri che non ci appartiene? Il disoccupato cinquantenne che esce da un negozio per entrare in un altro con la stessa domanda di carità, di un lavoretto, un momento di aiuto siamo sicuri che non è l’immagine del nostro futuro? Non è che carosello è scomparso dagli schermi perché ormai impresso nelle nostre abitudini di comprare, utilizzare, scartare, gettare in una compulsione infinita dettata solo dal marchio del bene di cui crediamo di essere necessitati? E’ su questi meccanismi che si è ingrassata la politica: votami e sarò il tuo pecoraio, non ti devi preoccupare di niente. Avrai sempre la tua erbetta fresca. Ma noi non siamo pecore. Noi litighiamo per imporre agli altri il “nostro” pecoraio, la nostra fattoria. Noi siamo coscienti. Pecore sì ma consenzienti.
Carlo Mocera

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