Oggi
diciamo c’è la crisi. Alcuni invece dicono che sia “già” finita. Ma com’è nata?
Perché? Soprattutto com’è possibile che non ci siamo accorti di quello che ci
stava cadendo addosso? La regina Elisabetta fece quest’ultima domanda
rivolgendosi agli economisti. La risposta quale fu? “I sismologi studiano i
terremoti, ma quando questi si verificano, la colpa mica è loro”. Quindi le
crisi sono come i terremoti? Direi di no. A suo tempo capiremo perché. Ora
torniamo al nostro racconto.
Questa è stata una crisi spaventosa, la peggiore
dalla crisi degli anni ’30 (nota come Grande Despressione) ed ha preso il nome
di Grande Recessione. Ha fatto danni incredibili, rovinato famiglie, messo in
ginocchio Paesi. Milioni di persone sono state colpite duramente, sono state
distrutte da questo incubo, che purtroppo è più che mai reale. Milioni di
famiglie hanno temuto il peggio. Uno, nessuno, centomila scriveva Pirandello.
Ecco questa è la storia di “Uno”. Uno è semplicemente una persona di quei
milioni schiacciati da un peso che non possono sopportare. Uno, è una persona
comune, come tante. Ha una famiglia. Una moglie, due figli. Un lavoro discreto,
la paga non è male. Uno ha messo da parte dei risparmi. Sono depositati in una
grande banca, si può stare tranquilli. Parte del denaro decide di investirlo.
Certo meglio non rischiare. “Cerchiamo qualcosa di abbastanza sicuro” dice alla
moglie. La banca consiglia un fondo comune. È il 2005.
“Uno
sguardo nel passato…”
Nel
frattempo le banche statunitensi hanno iniziato a concedere dei mutui ipotecari
senza troppe garanzie. Per farla breve i mutui potevano essere “prime”, con
garanzie (mutui per ammontare al di sotto del valore dell’immobile, a soggetti
con determinate qualità reddituali) oppure “non prime”, fra questi di particolare
rilevanza furono i “mutui subprime”, che divennero tristemente famosi. Dal 2000
le banche iniziarono ad aumentare l’erogazione di questi ultimi. Mutui subprime
sono senza garanzie. Erogati a soggetti anche senza lavoro, bassi redditi, per
valore pari al valore dell’immobile a tassi variabili. Inizialmente questi
tassi erano molto bassi (anche l’1%) così famiglie con redditi modesti
riuscirono a permetterseli. Il valore degli immobili era molto alto. Anzi
troppo. Si creò una vera e propria bolla speculativa. Visto che i tassi delle
attività finanziarie erano molto bassi, gli investimenti vennero incanalati nel
mercato immobiliare. I prezzi aumentarono notevolmente. La bolla funziona come
un palloncino dopo un po’ che la gonfi, scoppia. La Federal Reserve aumenta i
tassi d’interesse, il valore delle attività immobiliari si riduce. Le famiglie
che avevano contratto mutui subprime (a tasso variabile) vedono aumentare di
molto e rapidamente la rata da pagare. Non hanno soldi. Non possono pagare.
Questo era lo scenario che si stava creando negli Stati Uniti dove Uno viveva.
Una domanda a questo punto del racconto sorge spontanea. Perché le banche
decisero di assumersi un rischio così elevato, concedendo prestiti a soggetti
che non potevano ripagarli?La risposta è allarmante. Le banche giravano questi
prestiti a delle SPV, società veicolo. In questo modo riducevano i loro rischi,
trasferendoli a queste società. Le SPV trasformarono questi prestiti in titoli,
detti ABS che vennero collocati sul mercato e potevano essere sottoscritti da
investitori di tutto il mondo (trasferiscono i rischi a tutti coloro che li
avrebbero sottoscritti). Vennero poi inseriti all’interno di titoli molto
complessi, definiti titoli “salsiccia”. Troppo complicati anche per le agenzie
di rating (che devono valutarne la “sicurezza”) che li classarono
positivamente. Investitori, anche professionali (come fondi comuni)
sottoscrissero questi titoli (che in parte erano anche garantiti dalle banche
stesse). Era l’inizio della fine.
“L’inizio
della fine”
Uno
era incurante di tutto questo. Non poteva accorgersi di quello che stava
accadendo. Non aveva una così alta cultura finanziaria, così chiese consigli.
Il fondo comune era una buona scelta per i suoi risparmi. Persone più
competenti avrebbero gestito i suoi soldi. È l’inizio del 2007. Ancora nessuno
sa cosa sta per accadere. Pochi anni prima il premio Nobel per l’economia Lucas
aveva detto:”il compito della macroeconomia è evitare le crisi e si può dire
che abbia avuto completamente successo”. Lucas sarebbe stato di li a poco
smentito. Nel 2007 molte rate dei mutui subprime non vengono pagate. Si inizia
a vedere che un problema esiste, ma lo si trascura. Si pensa che di lì a poco
sarebbe stato risolto. Alcune banche rischiano il fallimento, ma il governo
interviene con dei salvataggi. “Uno” ha i suoi risparmi in una grande banca, è
tranquillo come molte altre persone. Si pensa “troppo grande per fallire” (too
Big to fail). È la fine dell’estate 2008. Succede l’impossibile (o meglio ciò
che si credeva essere impossibile, ma che in realtà era molto prevedibile). Una
delle più grandi banche Lehman Brothers fallisce. Lo Stato non interviene. È
una tragedia, si diffonde un’ondata di panico. Se fallisce Lehman Brothers
allora può fallire chiunque. Uno è spaventato, sua moglie pure. I figli troppo
piccoli per capire, ma piangono, perché c’è aria di disperazione. Uno allora
corre, veloce, si affretta per andare in banca a ritirare i suoi soldi. Ha
paura che anche la sua banca possa fallire. Il suo fondo comune aveva
sottoscritto parte di quei “titoli salsiccia”. Ora stavano perdendo rapidamente
valore. Le agenzie di rating li declassano tardivamente. Uno come altri chiede
al fondo la sua quota. Il fondo prova a vendere questi titoli. Non riesce. Ci
riprova, il prezzo ormai è bassissimo, al di sotto, e di molto, di quanto sono
stati pagati. Ma nulla. Questi verranno in seguito definiti “titoli tossici”.
Nessuno è disposto a comprarli. “Uno” è nel panico. Come lui tutti gli altri.
Inizia la “corsa agli sportelli”. Tutti vogliono ritirare i propri soldi.
Salvare almeno qualcosa. Le banche, anche quelle meno coinvolte subiscono
questi Bank runs. È davvero la fine. Le banche non hanno liquidità. Falliscono.
Gli Stati tentano dei salvataggi. I risparmiatori sono nel panico. Uno è fra
loro, è solo uno dei tanti, “uno su mille ce la fa”, ma Uno fa parte degli
altri 999. Ha perso tutto.
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